Riflessioni di Michele Battezzati – sportivo, fondatore di TENNIS WE CAN, articolista di riviste sportive cartacee ed on line
In tempi recenti ho seguito un incontro di tennis professionistico che ha visto perdere un talentuoso tennista, contro un avversario certamente inferiore da un punto di vista tecnico. Questa sconfitta è stata, a mio avviso, dovuta ad una certa mancanza nel suo sentire la “presenza empatica” con il Coach, nel corso della sfida. Questa mia chiave di lettura è stata ulteriormente avvallata dal fatto che, ho saputo a posteriori, il rapporto tra i due era appena iniziato, ed essendo a me ben note le indiscutibili competenze del Coach, sono certo che in futuro la loro intesa sarà destinata decisamente a crescere.
Affronto questo tema sulla base di una mia decennale esperienza come fondatore di un gruppo sportivo; la mia conoscenza non è derivata dal settore professionistico, bensì da un consistente lavoro di sviluppo sociale, svolto sul campo. Per me lo sport rappresenta una pura passione, coltivata dopo gli impegni di lavoro e di famiglia. Nel fare sport, credo di aver saputo essere in questi anni un buon motivatore, ottenendo soddisfacenti riscontri dalle persone che ho stimolato ad incontrarsi nel corso degli eventi. Negli anni il nostro gruppo sportivo (uso doverosamente il plurale maiestatis), ha visto la partecipazione di oltre 2500 persone, divenendo un fulcro di ben quattro gemellaggi, in quattro diverse regioni italiane (Veneto, Emilia Romagna, Toscana, Piemonte).
Grato per aver vissuto questa particolare esperienza sportiva, mi piace fornire all’occorrenza un punto di vista che possa offrire nuovi spunti di riflessione, relativi allo sport declinati anche alla vita di tutti i giorni.
Cosa intendo dunque per “presenza empatica”? Mi riferisco a quella presenza non fisica, ma di profonda sintonia di animo e pensiero che può instaurarsi nel coaching, che deve essere resistente come una fune d’acciaio, e che non debba farsi turbare da alcun evento esterno. Quando l’atleta professionista scende in campo, deve sentirsi in perfetta simbiosi con il proprio Coach, anche non in sua presenza. L’atleta mette in atto tutta la sua forza fisica ed il talento, mentre il metodo e l’ordine mentale sono delle qualità derivate dal coaching. Per questo oggi sentiamo parlare anche di “Mental Coach”, figura determinante nel mondo professionistico per raggiungere risultati di eccellenza assoluta, tenendo innegabilmente presente che, quando si perde una sfida, il primo dei meriti va comunque riconosciuto all’avversario.
Ho voluto citare questo esempio di un fatto realmente accaduto, perché è abbastanza intuibile sul quanto sia determinante conoscersi a fondo, e fidarsi istintivamente nei rapporti professionali e di vita quotidiana. Questo match agonistico, potremmo paragonarlo alle nostre sfide nella vita di tutti i giorni, ed appurata l’importanza di possedere una buona strategia di coaching per affrontare le difficoltà, proviamo in seconda battuta, a declinare il ragionamento a noi, che ogni giorno siamo chiamati a prendere delle decisioni, più o meno importanti per il presente ed il futuro.
Pensiamo ai recenti drammatici giorni dell’emergenza pandemica mondiale del Coronavirus, al distanziamento sociale che tutti noi siamo stati chiamati a rispettare, fortemente turbati dai drammatici eventi e da un nemico tanto reale quanto invisibile.
In questa situazione, una sottolineatura va fatta certamente per i più giovani, che stanno mettendo in atto la loro massima forza interiore per vivere questo difficile momento della loro crescita. Nello sport, gli iscritti alle scuole delle varie discipline sportive, abituati prima a rapportarsi settimanalmente con i loro istruttori tecnici, da un giorno all’altro sono stati costretti a sospendere il lavoro sul campo, ed a restare a casa. Quanto importante può diventare pertanto, in queste situazioni, il ruolo di un Coach per mantenere comunque alto il livello dell’asticella nelle motivazioni di un giovane, pensando ad esempio alle atlete ed atleti che stanno coltivando il sogno del professionismo. Il Coach nelle situazioni di turbamento esterne al campo di gioco, ma interiori nell’animo dell’atleta, può rappresentare certamente la figura di riferimento più importante.
In campo professionale, altro esempio, una azienda o un lavoratore potrebbe chiedere l’assistenza di un Coach per affrontare un cambio di ruolo organizzativo, o per gestire delle situazioni particolarmente stressanti, fermo restando l’assoluta condivisione progettuale tra azienda e dipendente.
Ecco perché questo ruolo assume sempre più una certa importanza a vario titolo per le persone, per affrontare le incertezze, le opzioni rischiose nella vita, nella professione o nello sport. La mia considerazione finale è positiva in tal senso, in particolare se si arriva ad avere un ottimo rapporto con il Coach, sentendo nella propria interiorità la sua “presenza empatica”, e poter cosi raggiungere il miglior livello della nostra eccellenza.